venerdì 11 giugno 2010

Oltre il fiume di Nizzi Ortiz [596]

Finalmente ho potuto leggere la prima parte dell'ultima fatica di Nizzi-Ortiz giunta in edicola, prima parte che non aveva certo dalla sua parte le aspettative da parte di molti degli utenti degli spazi di discussione sulla rete. Personalmente aspetterei prima di esprimere qualunque giudizio, la storia è solo a metà ma appare basata su un solido impianto di tipo classico nella serie e, fino a questo punto, pare promettente e abbastanza divertente, pure se ormai Nizzi sembra non avere più grossi stimoli nel cercare intrecci che spiazzino i lettori.
Quello che mi ha colpito è che ho sentito aria di casa, nel senso che i pard mi sono sembrati di nuovo quelli di una volta, quelli di Gian Luigi Bonelli e del Nizzi maturo intendo, e che mi sono ritrovato a leggere una storia basata più sull'azione pura e su una trama immediata e rilassante che su un intreccio ordito in maniera complessa tra una storia passata (già arzigogolata a dovere di suo) ed un presente che si evolve in mille rivoli e rivoletti costituiti dalle vicende di personaggi che brillano come stelle per un attimo e che subito si spengono come scintille. E, purtroppo, solamente a tratti da qualche passaggio di Tex e compagni. Il tutto, inoltre, raccontato con dovizia di salti avanti ed indietro e perfino di lato con poche o nulle frasi di collegamento.
Una storia con questo semplice impianto, cioè che si basi più sull'azione e sui simpatici dialoghi che su una vicenda ultracomplessa montata in maniera supercinematografica senza far perdere interesse per il racconto, mi sembra mancasse da un po' di tempo nella serie, e quest'ultimo albo, pur non promettendo di diventare un iperclassico, mi ha dato la sensazione del ritorno di qualcosa nella serie, qualcosa di importante... il suo marchio di fabbrica, la sua tipicità.
Forse sarebbe il caso di interrogarsi sul perché di tale sensazione, che ho idea di non aver provato solo io...
Riguardo ai disegni, una prova più che dignitosa di Ortiz che appare più ispirato delle sue ultime fatiche e che conferma la sua grande capacità di "raccontare" le vicende. Il disegnatore spagnolo non è più all'apice della sua forma artistica ma il trascorrere del tempo non ha intaccato la sua meravigliosa capacità di coinvolgimento nella vicenda, che rimane, a mio avviso, il suo più grande punto di forza.


L'immagine rappresenta la copertina di Tex 596 © Sergio Bonelli Editore

domenica 6 giugno 2010

La “modernità texiana”di Claudio Nizzi

Tra le tante scuole di pensiero circa il Tex “moderno”, esiste senz'altro quella che vede il ranger, semidio olimpico o titano secondo le interpretazioni precedenti, impegnato in una pirandelliana ricerca d'autore a partire dalla metà degli anni ottanta, periodo i cui Tex, personaggio orfano di un padre grandissimo, aspetta di ritrovare un altro Giovanni Luigi Bonelli, naturalmente senza trovarlo, trovando invece una inaspettata e repentina caduta sulla Terra. Niente più Eracle o Prometeo, ma, tramite una improvvisa e rapida fuoriuscita dal mito, l'eroe si trasforma in un essere umano tout court. Neanche tra i più brillanti, mi verrebbe da aggiungere con un pizzico di malignità.
Con Claudio Nizzi, l'uomo Tex prevale con grande chiarezza sull'eroe Tex. E magicamente il pallino delle sue storie passa dalle sue mani a quelle dei suoi nemici. Le vicende di Tex si tingono di giallo, i misteri o presunti tali iniziano a pullulare, ma, come è stato fatto giustamente notare, non sono più misteri ingenui alla “Satania”, sono misteri “impegnativi”, forse troppo per il nostro ranger appena umanizzato, quasi fosse un novello Pinocchio. I suoi nemici prendono il sopravvento nell'economia delle avventure, ed il ranger più famoso d'Italia principia a brancolare sempre più spesso nel buio. Per fortuna non perde la capacità di sparare e di fare a botte, sfortunatamente perde il suo proverbiale intuito che lo aveva guidato egregiamente fino a quel momento. Non si contano le storie in cui Aquila della Notte non riesce a risolvere da sé l'enigma, la soluzione del quale quale gli viene spiattellata in faccia, puntualmente, da qualche beneinformato e provvidenziale “deus ex machina”, inoltre non si contano le storie in cui Tex viene salvato in extremis da chiunque si trovi a passare da quelle parti dalla cavalleria agli indiani amici, dai bambini alle vecchiette.
I nemici si fanno più grandi, prendono il sopravvento, manipolano il nostro eroe come fosse un burattino, lo conducono per il naso ovunque essi desiderino, salvo vedersi scippare la vittoria da un colpo fortuito di sorte.
Di conseguenza Tex, orbato del suo carisma, passa dall'autorità all'autoritarismo ed inizia ad impartire “ordini” a Kit Carson e a Tiger (detto fra di noi, fastidiosissima incongruenza, agli amici che ti aiutano perché ti stimano non impartisci ordini), diventa il “capo” dei pards, la sua statura eroica sembra far parte del passato, diventare un semplice biglietto da visita, mentre il personaggio evidenzia un limite dopo l'altro.
Le buone storie non mancano, specie nei primi anni, ma non sono, come già evidenziato, le storie di un mitico e spavaldo semidio, sono solamente le alterne vicende di un uomo (immeritatamente?) baciato da madama fortuna e preceduto da una (si direbbe spesso altrettanto immeritata) fama che lo circonda, che spesso, per paradosso, lo rende visibile ai suoi nemici come una mosca nel latte e che fa giocare i suoi avversari in attacco e lui di rimessa, costringendolo a portare a casa la vittoria segnando spesso una rete fortuita in fuori gioco a tempo abbondantemente scaduto.
Tex è comunque un fumetto interessante e molte storie mantengono un certo fascino, ma la grandezza del personaggio è ben diversa da quella dello stesso personaggio scritto da Gianluigi o Sergio Bonelli, alias Nolitta.

l'immagine rappresenta la copertina di Tex gigante numero 280 © Sergio Bonelli Editore